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      CIRCOLARE N°5/2021
      08/01/2021
      CIRCOLARE N°7/2021
      08/01/2021
      08/01/2021

      Sono tre le risposte del Garante Privacy in merito al trattamento delle informazioni sulle
      vaccinazioni dei dipendenti
      Lo scorso 17 febbraio il Garante per la protezione dei dati personali ha preso posizione, per quanto
      di propria competenza, sul discusso tema degli obblighi e dei diritti connessi
      alla vaccinazione contro il COVID-19 dei lavoratori dipendenti. Il Garante ha espresso la propria
      posizione tramite lo strumento delle FAQ, pubblicate sul proprio sito e destinate al pubblico più
      ampio possibile.
      Le domande che il Garante si pone e alle quali pubblicamente risponde sono tre.
      La prima è: può il datore di lavoro chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta
      vaccinazione? Secondo il Garante no: il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di
      fornire informazioni sul proprio stato vaccinale. Neppure un esplicito consenso del lavoratore può,
      secondo il Garante, essere sufficiente a giustificare il trattamento di queste informazioni da parte del
      datore di lavoro, dal momento che nel rapporto di lavoro lo squilibrio di potere esistente tra datore e
      lavoratore rende il consenso del lavoratore di per sé solo non sufficiente a giustificare il trattamento
      (il Garante richiama a questo proposito il considerando n. 43 del Regolamento 2016/679 del
      Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016).
      La seconda domanda che il Garante si pone è la seguente: può il datore di lavoro chiedere al medico
      competente i nominativi dei dipendenti vaccinati? Anche a questa domanda la risposta del Garante
      è negativa: il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei
      dipendenti vaccinati, perché questi sono dati sanitari e i dati sanitari dei lavoratori possono essere
      trattati solo dal medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica
      dell’idoneità alla mansione specifica. Ciò di cui il datore di lavoro può entrare in possesso sono solo
      i giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni in essi riportate.
      La terza e ultima domanda – che nelle ultime settimane è stata al centro di vari dibattiti – concerne
      la possibilità che la vaccinazione anti COVID-19 dei dipendenti sia richiesta come condizione per
      l’accesso ai luoghi di lavoro o per lo svolgimento di determinate mansioni (per esempio in ambito
      sanitario).
      Il Garante risolve anche tale quesito escludendo il datore di lavoro da ogni possibilità di valutazione
      autonoma e rimettendo ogni responsabilità al medico competente: in mancanza, allo stato, di una
      normativa che ponga esplicitamente la vaccinazione come requisito per lo svolgimento di
      determinate attività lavorative, il Garante ricorda come le norme vigenti prevedano solo che nei casi
      di esposizione ad agenti biologici durante il lavoro, come può avvenire nel contesto sanitario,
      Leading Advisory Srl
      contabilita@leadingadvisory.it lavoro@leadingadvisory.it
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      trovino applicazione le misure speciali di protezione previste da alcune norme (art. 279 del DLgs.
      81/2008).
      Solo il medico competente, tuttavia, può effettuare queste valutazioni, trattare conseguentemente i
      dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di
      valutazione dell’idoneità alla mansione specifica. Il datore di lavoro, ancora una volta, deve per il
      Garante limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente, nei casi di giudizio di
      parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore.
      Il Garante, in altri termini, non si è limitato a “comunicare” le norme esistenti. Per giungere a queste
      tre semplici risposte, ha preventivamente risolto tutti i possibili dubbi interpretativi nella maniera
      più rigorosa e “conservativa” possibile.
      Resta da augurarsi che questa purezza interpretativa nella difesa del dato personale non crei
      troppe difficoltà pratiche a chi si trova a gestire un’impresa nel mezzo della pandemia e agli stessi
      medici competenti, che certo non saranno così desiderosi di assumersi responsabilità che altri non si
      sono assunti. In questi mesi, tutto il mondo sta discutendo di politiche “no jab, no job” (niente
      vaccino, niente lavoro) e persino il Vaticano ha già adottato in merito provvedimenti rigorosi; forse,
      poteva essere l’occasione per scelte interpretative più coraggiose.

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